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Il territorio

L’ambito territoriale del Rotary Club di Grosseto comprende i seguenti Comuni:
Grosseto, Arcidosso, Campagnatico, Casteldelpiano, Castiglione della Pescaia, Cinigiano, Civitella Paganico, Magliano in Toscana, Roccalbegna, Roccastrada ( eccetto Ribolla), Santa Fiora, Seggiano.

La città di Grosseto sorge nel cuore  di una vasta area geografica che si affaccia sul Mar Tirreno: la Maremma, zona tristemente famosa dove la malaria ha imperversato spietata per secoli interi.

Per alcuni studiosi il toponimo deriva dal latino maritima, per altri dal castigliano marismas che significa palude.
Convenzionalmente, il territorio maremmano è suddiviso in tre zone: la Maremma Livornese o Maremma Pisana detta anche Alta Maremma, la Maremma Grossetana o Maremma propriamente detta e la Maremma Laziale (Maremma Meridionale).

La Maremma Grossetana  nella provincia di Grosseto, si estende dal Golfo di Follonica alla foce del fiume Chiarone che si getta in mare a sud del promontorio dell’Argentario. Della Maremma Grossetana fanno parte  la bassa valle del fiume Ombrone   (Castiglione della Pescaia, Grosseto,la parte meridionale dei comuni di Gavorrano, Roccastrada e il tratto costiero del Comune di Magliano in Toscana) la piana del fiume Pecora (comprendente oltre a Follonica anche l’area pianeggiante dei Comuni di Massa Marittima e Gavorrano e la fascia costiera del Comune di Scarlino) la piana del fiume Albegna (con Orbetello, la parte pianeggiante del Comune di Magliano in Toscana e Manciano, l’Argentario, Ansedonia) la piana del fiume Fiora (compresa tra il territorio comunale di Capalbio e il Lazio) .

Lo stemma della città di Grosseto è rappresentato da un Grifone d’argento su un campo rosso impugnante con la branca destra anteriore una spada posta in palo.

Lo stemma della città fu voluto prorio dai cittadini per dimostare la loro discendenza dagli Etruschi.

Il Grifone alato fu collocato su di uno scudo rosso per simboleggiare l’appartenenza al partito ghibellino in età medioevale.

Lo stemma venne nuovamente modificato nel 1328, aggiungendo una spada in memoria della difesa della città contro Ludovico il Bavaro.

Veduta aerea del centro storico di Grosseto

In epoca alto-medioevale, l’area dove si è poi sviluppata la nostra città, faceva parte del patrimonio degli Aldobrandeschi, famiglia dell’aristocrazia lucchese che verso il secolo IX, ampliò e consolidò i propri possedimenti  in tutta la Maremma.

La più antica notizia su Grosseto risale all’803 quando il Vescovo di Lucca, Iacopo, concesse all’aldobrandesco Ildebrando I la Chiesa di San Giorgio situata “in loco Grossito”.

L’insediamento  successivo della potente famiglia Aldobrandeschi, acquisì un ruolo di rilievo per la strategica posizione in prossimità del fiume Ombrone e del Lago Prile,oggi non più esistente , che allora occupava gran parte della pianura tra Grosseto e Castiglione della Pescaia.

La presenza del fiume Ombrone, delle numerose aree umide e del Lago Prile, rappresentarono a lungo un motivo di ricchezza, prima di divenire la principale causa del degrado e dello spopolamento della seconda metà del XIV secolo di questo territorio.

Divenuta civitas nel 1138, ben presto divenne oggetto delle mire espansionistiche della vicina Siena interessata soprattutto alle preziose saline  di cui ne assunse il pieno controllo solo  nel 1336-37 quando il Comune di Grosseto si sottomise definitivamente a quello di Siena.

Il sale era il prodotto che maggiormente caratterizzava l’economia grossetana nel Medioevo la cui rilevante produzione viene anche citata  dal poeta senese Cecco Angiolieri  in un suo sonetto:  "ch’ì  tante volte sia manganeggiato, quant’ha Grosseto granella di sale”

Nel 1348 il territorio conobbe un periodo di crisi con l’epidemia della Peste Nera che contribuì a rafforzare  il fenomeno dell’impaludamento.

Dopo la conquista di Siena da parte del Granducato di Firenze  dominato dal Casato dei Medici nella metà del XVI secolo, Grosseto seguì la stessa sorte (ad eccezione del  Monte Argentario e Talamone che entrarono a far parte dello stato dei Presidi, sotto il controllo del Re di Spagna).

Ai Medici si devono alcuni tentativi di risanamento ambientale e la costruzione delle imponenti mura con i loro  bastioni.Fu Cosimo I dei Medici che nel 1561, durante una visita a Grosseto, decise di  intraprendere i lavori per l’edificazione di nuove fortificazioni , dopo aver demolito le precedenti mura medioevali.

Particolare delle Mura Medicee con lo stemma del Casato dei Medici

La costruzione delle mura a pianta esagonale irregolare, con sei bastioni angolari, uno dei quali (Bastione Fortezza) è a pianta pentagonale, venne affidata all’architetto militare Baldassarre Lanci da Urbino.

Dopo la sua morte ( 1571) i lavori proseguirono sotto la supervisione del figlio Marino ed in seguito sotto quella di Simone Genga  anch’egli di Urbino,  per terminare definitivamente nel 1593.

Dopo l’estinzione della dinastia medicea, il Granducato di Toscana passò agli Asburgo-Lorena che assunsero un ruolo determinante  nella crescita economica e sociale del territorio nonché nella sistematica organizzazione dei lavori di bonifica.

Notevole fu l’opera del primo Granduca lorenese, Pietro Leopoldo  durante gli anni del suo regno dal 1765 al 1790, caratterizzati da grandi riforme in tutti i campi tali da rendere la Toscana un modello di riformismo in tutta Europa.

Nella  sua attività di modernizzazione  si avvalse di una serie di misure innovative come l’eliminazione dei vecchi diritti feudali, l’incentivazione della piccola e media proprietà, la commercializzazione dei prodotti maremmani, l’autonomia amministrativa da Siena; con provvedimento 18 Marzo 1766 fu istituita la Provincia Inferiore Senese mediante la divisione dello Stato di Siena in due tronconi: la Provincia Superiore e quella Inferiore che sarebbe poi divenuta l’attuale provincia di Grosseto.

Seguendo i principi di Cesare Beccaria furono  abolite  la tortura e la pena di morte così come codificato nella Riforma della legislazione  criminale toscana meglio conosciuta come “Codice leopoldino”.

Parallelamente a queste grandi riforme, Pietro Leopoldo, avvalendosi del supporto ingegneristico di Leonardo Ximenes, iniziò una importante opera di canalizzazione  delle aree paludose della Maremma.

Dopo 25 anni di regno, nel 1790, in seguito alla morte di suo fratello Giuseppe II, Pietro Leopoldo dovette ritornare in Austria per succedergli al trono e  quindi   fu costretto a cedere il Granducato di Toscana a suo figlio Ferdinando III che resse le sorti della Toscana fino al 1799.

Il governo illuminato di Pietro Leopoldo aveva lasciato una città in ripresa , che alla fine del XVIII secolo, appariva vivace sul piano economico e sociale.
Ferdinando III non fu abile quanto il padre nel governare il Granducato, condizionato anche dall’invasione delle truppe francesi guidate da Napoleone Bonaparte che nel 1808 annessero la Toscana alla Francia.

Caduto Napoleone  e dopo il Congresso di Vienna del 1814, la Toscana ritornò ai Lorena, di nuovo nella persona di Ferdinando III che cercò di riprendere l’opera di risanamento  delle terre in tutta la Maremma.

Morì di malaria nel 1824 e gli subentrò il figlio Leopoldo II che era nato a Firenze nel 1797 ma di fatto  vissuto in esilio con il padre a Wurzburg (Germania) durante l’epoca rivoluzionaria napoleonica.

Monumento dedicato  dai grossetani a Leopoldo II in Piazza Dante a Grosseto,  nel centro città, inaugurato il 1° Maggio 1846. La statua in marmo di Seravezza fu scolpita da Luigi Magi (Asciano 1804-Firenze 1871) e rappresenta il Granduca che solleva con la mano sinistra una donna che simboleggia la Maremma. La madre tiene sulle ginocchia un figlio morente ma rivolge uno sguardo pieno di speranza verso il suo benefattore. Questo ultimo con la mano destra sostiene un fanciullo che con i piedi uccide un serpente ( la malaria) morso anche da un grifone ( la città di Grosseto)

Leopoldo II si fece subito benvolere per il suo carattere bonario, fu un sovrano anacronistico, illuminista che governò la Toscana con le attenzioni e le debolezze di un buon padre di famiglia.

I fiorentini lo chiamavano “Broncio” per il suo aspetto costantemente triste datogli dal labbro sporgente; i maremmani lo chiamavano “Canapone “ per il colore sbiadito dei suoi capelli biondi .

Si dimostrò comunque sicuramente progressista in molti campi dell’amministrazione : liberismo economico, frazionamento del latifondo, riforme dei tribunali,delle scuole, dell’Università, concessioni della libertà di stampa, della guardia civica, della costituzione ecc. Grande estimatore dell’operato politico di suo nonno Pietro Leopoldo, Leopoldo II ebbe pure una discreta cultura del territorio e la collaborazione  insieme alla reciproca fiducia con l’Ingegnere Alessandro Manetti, gli permisero di ottenere risultati importanti nell’ambito dell’ingegneria idraulica per la bonifica delle terre malsane della Maremma.

Leopoldo II ebbe ben chiara la visione generale dei mali che affliggevano la “cara Maremma inferma” e agì di conseguenza con una grandiosa bonifica integrale.
La “ guerra delle acque” e la costruzione di tutte le infrastrutture e servizi essenziali divennero per lui, lungo lo spazio di quasi un trentennio dal 1828 in avanti, una sorte di “missione civilizzatrice” finalizzata a risanare la parte “malata e sfortunata” dello stato.

Il suo costante impegno per bonificare il territorio e risollevare le sorti della popolazione, ha lasciato una traccia profonda nella storia e nella tradizione maremmana, per la quale Leopoldo II è affettuosamente conosciuto come Canapone, effigiato oggi nella bella statua al centro di Piazza Dante in Grosseto.L’opera di bonifica è continuata sino agli anni cinquanta del Novecento, con la Riforma agraria.

Con la partecipazione dell’Opera Nazionale Combattenti furono introdotte nuove colture di qualità e nuove razze bovine, potenziate le infrastrutture e favorita l’immigrazione di contadini veneti, che hanno trasformato completamente il paesaggio agrario.

L’agricoltura è stata da sempre una delle principali risorse della Maremma tanto che l’intera Provincia ha ottenuto il riconoscimento di Primo Distretto Rurale d’Europa.
Negli ultimi decenni si è assistito ad un timido affacciarsi di iniziative industriali che non è arrivato ancora a modificare l’assetto economico della città.

Oggi la Maremma, grazie al lavoro sofferto e costante dei suoi abitanti, si presenta al visitatore come una terra dalle estese pianure, dalla campagna rigogliosa e dal clima mite, a tal punto che, una importante risorsa deriva proprio dal  territorio, indiscutibilmente ricco di fascino  per le bellezze storiche e  paesaggistiche.

Campagna maremmana nei pressi di Castiglione della Pescaia